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Carnevale dei piccoli

Il carnevale seravezzino trae origine dallo sviluppo di una rivalità: quella fra i frequentatori del Caffè Italia e quelli del Caffè Versilia soprannominato La Barcaccia. Dopo essersi sfidati con canzonette sarcastiche, nel 1933 i clienti del primo e quelli del secondo si sfidarono in campo da gioco, proprio nel periodo della Quaresima. Tra inni, tifo e scommesse, la partita terminò con la sconfitta della Barcaccia per ben 3 a 0.

I festeggiamenti si tennero nell’ultimo giorno di Carnevale; per l’occasione, il signor Ivo Bonci costruì un sommergibile di cartapesta che sfilò trascinando una barca con tre buchi nella stiva, simbolo dei tre goal subiti, e tre palloni che la reggevano in aria. Fu una grande festa, con tanto di fanfara, che diede il via alla tradizione di un carnevale seravezzino con grandi carri, complessi folkloristici e bandistici, maschere isolate e a gruppi.

Il primo anno ufficiale è il 1934, quando nacquero anche quattro comitati i cui carri erano allora trainati dai buoi. Interrotto nel 1936 a causa della guerra in Etiopia e dal 1939 al 1945 in seguito allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, il carnevale rinacque nel 1970 come Carnevale dei Piccoli, dedicando ai bambini questa manifestazione; purtroppo la ripresa non durò a lungo e si interruppe nel 1977. Poi, negli anni novanta, all’interno della Pro Loco Seravezza si ricostituì un comitato che, da allora, sta portando avanti questa antica tradizione.

I comitati che partecipano al carnevale sono: Riomagno, Seravezza, Corvaia e La Cappella a cui si sono aggiunte via via anche altre frazioni del Comune, come Ripa e Ruosina. Talvolta, in estate, viene riproposto un corso speciale del Carnevale dei Piccoli.

Di seguito la storia de La Vernacchietta, simbolo del Carnevale dei Piccoli di Seravezza, per gentile concessione dell’autore ed inventore della maschera, il Maestro Alfieri Tessa.

SERAVEZZA ‘ CARNEVALE DEI PICCOLI’ 1971

Perché Questo “Spirito benefico dell’allegria “ si chiama Venerando VERNACCHIETTA ?

Sogno, realtà, e fantasia. Ragazzi!

C’era una volta, ed è vero, un cielo nuvoloso, oscuro e turbolento, con tuoni, lampi, fulmini e saette, la pioggia che cadeva a scrosci sbattuta da un vento che soffiava forte lacerando l’aria con sibili acuti, in una notte tenebrosa, che recava spavento. Io stavo nascosto, raggomitolato sotto le lenzuola nel mio letto, spaurito e tremante, con gli occhi chiusi e le orecchia pressate dalle mani e pensavo…….., ……….., vedevo………, si ! vedevo cose strane, vaghe, pittoresche e senza forma, finché le immagini che vagavano nella mia mente scomparvero. Mi apparve allora la sagoma ben distinta di un sommergibile, che emergeva dagli abissi marini e navigando su una superficie in gran tempesta, raggiunse la foce Versilia in piena e da lui risalendo la corrente, con paurose impennate e sbandate, raggiunse Seravezza e proseguì in direzione di Riomagno.

Intanto, quasi per incanto, il fiume si seccò e quella vermiglia nera e rugginosa rimase là, in secca nel fiume, vicino al molino, nei pressi del ponte del Rossi. La gente, di mattino, quando le furie della tempesta si erano dileguate, corse a curiosare, bisbigliando frasi incomprensibili, quando di li a poco tale ferraglia si tramutò in carta. 

Qualcuno, che si riteneva più sveglio, affermò che gli sembrava di aver visto uscire dalla torretta uno “spirito” e ne descrisse perfino, in tutti i particolari, le vesti nei suoi variopinti colori.

Ci fu chi era convinto trattarsi dello “spirito di qualche mago e c’era chi diceva; che dal modo di vestire poteva perfino trattarsi di un giullare, si proprio di un buffone di corte, venuto a noi da chissà qual reame, ma nessuno sapeva dire a quale corte appartenesse, ne chi fosse il suo Re. C’era anche chi voleva convincere gli altri; affermando che certamente era in possesso di poteri arcani e capace di realizzare cose strabilianti.

Intanto nell’aria risuonava uno strano motivo, legato in qualche modo a questo avvenimento, era cantato sottovoce, quasi bisbigliando, come se nessuno dovesse sentire: “ barcaccia sei tu, perché ti ritrovi laggiù, se questo è il nostro motto……..”.

Io non credevo ai miei occhi.

Ma un dolce richiamo mi fece sobbalzare e cosi ritornai alla realtà delle cose. Apersi gli occhi e vidi entrare, dalla finestra, un raggio di sole nella mia camera. Mia madre mi aveva svegliato, era l’ora di scendere giù dal letto, presto dovevo essere a scuola. Non c’era dubbio, avevo sognato.

Dimenticai momentaneamente questo sogno cosi strano e più tardi mi ritrovai seduto nel mio banco, intento a svolgere il compito in classe, nella quarta delle scuole elementari di Seravezza.

Venne il pomeriggio del giorno dopo e ad un certo momento mi parve che ancora una volta, quello strano motivo, riaffiorasse nella mia mente, posi molta attenzione alla cosa, in quel momento non dormivo, ero sveglio e quel motivo lo sentivo davvero, si facevano sempre più distinto, più nitido e mi accorsi che era suonato da una banda musicale, era la Filarmonica dei Costanti.Corsi in strada e sorpreso vidi partire dal vecchio molino, proprio là, presso il ponte del Rossi, un coso scuro, con sembianze di sommergibile, era posato sopra un pianale a ruote, tirato da cavalli, era fiorito di mimosa e infiocchettato, e sulla torretta ( dove nel sogno era uscito uno “Spirito”) si ergeva “Vincè”, aveva la paglietta in mano e gesticolava mentre la gente cantava quello strano motivo : “…….. la barca è piena e c’è Vincè, i barcaioli so pur con noi…….”, danzando intorno a quel coso infiorettato.Presto fu raggiunto da alcune carrozze ben fiorite e addobbate, rallegrate da gaie mascherine, gesticolanti e intente al lancio di coriandoli e stelle filanti. Tutto era bello e divertente, mentre la banda continuava a suonare, alternando, ogni tanto, un altro motivo allora molto in voga : “…….. ahi Seravezza muore, ahi Seravezza è giunta all’ultima sua ora, chi mai la salverà! Seravezza è una canzone……” . Allora mi venne in mente, che quello era l’ultimo giorno di carnevale, era quel primo Carnevale nel lontano 1933, festeggiato a quella maniera. Certo fu allegro e spensierato e solo a tarda sera, fra balli e canti tutto fini nel buio della notte.

Ecco, che la gente fu invasa nel suo interiore da un nuovo “spirito”, certo, era lo “spirito” della spensieratezza, della gioia che ci assale in certi momenti della nostra vita. Forse era quello lo “spirito” che avevo sognato e visto mentre si liberava dalla torretta di quello strano sommergibile cartaceo, infiorettato nell’ultimo giorno di carnevale. E’ certo che negli anni che seguirono un nuovo “ spirito” animò tutti, fecondando e stimolando la fantasia per guidarla alla creazione di cose belle, fantastiche, notevolmente colorate e nelle più strane forme e sembianze, puntualmente, ad ogni periodo di carnevale. Ma un giorno questo “spirito” crollò, era l’ultimo giorno di carnevale, mentre aveva luogo l’ultimo veglione degli anni trenta e le coppie muovevano gli ultimi passi di una danza, allegra e spensierata, volteggiando sulla pista di quel teatro, posto sotto le rocce aspre e incantate della “VERNACCHIETTA” e cosi l’incanto fini. Quanti dolci ricordi sono rimasti là, quasi carpiti da quelle rocce minacciose e ammonitrici. Qui rimase come imprigionato quello “spirito”, che certo non poteva morire, ma rimase in letargo e attendere tempi migliori.

E’ allora che apparve ancora un cielo oscuro e turbolento, non pregno d’acqua cadente a scrosci, ma saturo di polvere e fumo acre, irrespirabile, soffocante, illuminato da bagliori e rimbombanti di boati, di scoppi, esplosioni, crepitii, in lui si disperdevano i canti di strani motivi, sconosciuti, s’innalzavano grida e in quest’aria vagavano frasi incomprensibili parlate nei più svariati linguaggi; ma quello non era un sogno, era realtà e il nostro “spirito” dolorante e invaso nella disperazione, piangente, ferito al cuore, restò là, come nascosto, sotto alle rocce della “VERNACCHIETTA”, quasi a proteggersi nei dolci ricordi.

Un giorno parve guarito, provò a ritornare in sé, tentò per due anni, ma non resse, le sue ferite erano troppo profonde, ma là sotto alla “VERNACCHIETTA” vedeva rifiorire una nuova vita.

Ma ecco che squilli di trombe lo fecero sobbalzare, uscì dal suo letargo e riprese ad infondere ad ognuno speranza per riportare la spensieratezza di un tempo ormai lontano. Oggi, i ragazzi di questa generazione, potranno ancora sognare, come altri fecero un tempo, ma a noi resta solo la fantasia con la quale immaginare cose meravigliosamente belle, da vedere perfino il nostro “spirito”, anche se in forma astratta, liberarsi nell’aria, in cielo limpido, lassù fra le cime Apuane, sempre più in alto, verso il sole, quasi a cartigli energia e quando è notte scendere a valle per annaspare nel buio rischiarato dal lume di una lanterna che abbia il potere d’allontanare le tenebre e recarsi in uno splendido giardino a recingere una bella rosa rossa, nel suo colore vellutato e odorosa da darci ebrezza e con gesti magici cospargendola di coriandoli variopinti come un invito a vestirsi nei più svariati colori.

Questo è quello spirito astratto immaginato dalla fantasia e pur vero in ognuno di noi sia giovane o invecchiato ed anche se sul cuore una toppa nasconde le ferite, anche se carnato o brizzolato è “Venerando”, è pur sempre fresco e gioviale, pronto all’allegria, perché appunto è quello “spirito” nell’intimo d’ogni uomo e fin da quando esso come tale è nato. Ecco lo “spirito benefico dell’allegria” che nasce e si concretizza in un personaggio “VERNACCHIETTA”. Si è Venerando VERNACCHIETTA.Spirito benefico dell’allegria.

 

21 Febbraio 1971

Tessa Alfieri

 


 

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