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Querceta

Altezza: 17 m .s.l.m.
Abitanti: 5789 (compresi Marzocchino e Cafaggio) al 31 luglio 2008 (al censimento 2001 erano 4725)
Chiesa: Santa Maria Lauretana
Patrono: San Giuseppe (19 marzo)
Eventi e Tradizioni: Palio dei Micci (1° domenica di maggio), Fiera di S.Giuseppe (19 marzo).

POSIZIONE GEOGRAFICA

Querceta è una frazione del Comune di Seravezza, situata in aperta pianura.

STORIA

Il toponimo trae le sue origini dalle foreste di querce che si estendevano in tutta la piana versiliese situata nel comune di Seravezza; essa era divisa dalla zona paludosa in cui oggi si trova Forte dei Marmi, dalle odierne vie Emilia e Vico. In questa zona viene coltivato un particolare tipo di olivo, detto “olivo quercino”. 

In età romana tutto il territorio della piana fu interessato dal fenomeno della centuriazione (I° secolo a.C.): il metodo consisteva nella tracciatura di linee (decumani o decimani),  parallele a qualche punto di riferimento, che si intersecavano con altre a loro perpendicolari (cardi o cardini) facendo in modo che tra linea e linea intercorresse una distanza fissa. Si otteneva una scacchiera costituita da appezzamenti quadrati e perfettamente uguali. Contestualmente si sviluppò la cosiddetta pratica dell'olivo a filiera, che consisteva nel piantare gli olivi lungo il confine del podere e non al suo interno, evitando di sacrificare così importanti porzioni di terreno. Secondo il Marcucetti, inoltre, questa pratica avrebbe fatto sì che i vecchi percorsi stradali, anche perché delimitati dagli olivi, mantenessero nei secoli il loro tracciato originale forte del fatto che questa pianta, anche in periodi definiti barbari, è sempre stata considerata di primaria importanza. 

In età medievale, la piana quercetana si presentava quasi tutta ricoperta da fitti boschi di querce con terreni adibiti alla coltivazione di saggina, miglio, grano e fave. Mancava , invece, la coltura dell'olivo, abbandonata nei secoli immediatamente successivi alla caduta dell'Impero Romano, quando la Versilia fu più volte teatro di scontri saccheggi da parte di Ostrogoti, Bizantini e Longobardi. La coltivazione dell'olivo venne ripresa solo a partire dal XVI° secolo, quando grazie alla fine delle guerre tra lucchesi e la Signoria feudale dei Toparchi e poi all'avvento dei Medici, si instaurò un periodo di stabilità socio-economica. Sotto la signoria medicea Querceta acquistò importanza come snodo viario per il trasporto a mare del marmo estratto dalle cave del Monte Altissimo: ai primi del '500 la via Maestra, l'attuale Aurelia, venne attraversata dalla via de' Marmi proveniente da Seravezza e dalla via di Marina, che congiungeva la via Maestra con il litorale. A metà del '500, grazie all'interessamento di Cosimo I de' Medici partirono i lavori per mutare il corso del fiume Versilia portandolo dalla foce di Motrone al Cinquale per liberare Pietrasanta dalle continue alluvioni.

Abbinata al comunello di Strettoia, la nascita di Querceta avvenne di fatto il 16 marzo 1644 con il ritrovamento di un prezioso dipinto della Madonna di Loreto lasciato appeso a un olivo da un pellegrino francese. L'evento attirò genti dai paesi vicini e sollevò l'attenzione dei reggenti del governo fiorentino. I "Nove Consiglieri" fiorentini decisero di erigere una chiesa, dedicata a Santa Maria Lauretana, la cui prima pietra venne posta il 15 aprile del 1645. I lavori furono completati dopo quindici anni, grazie alle offerte dei pellegrini. Dopo una disputa tra Pietrasanta e Seravezza, Querceta venne affidata alla giurisdizione di quest'ultima nel 1672. A quel tempo la popolazione della piana quercetana si componeva di 176 famiglie pari a 819 abitanti. Sotto Cosimo III proseguirono i lavori di deviazione del percorso del Versilia verso il Lago di Porta (1676-1704): in quest'occasione venne costruito, ad opera dell'ingegnere Giovanni Franchi, per la prima volta in muratura il Ponte di Tavole, punto di passaggio per il trasporto dei marmi al mare. La vita di Querceta rimase strettamente legata a quella della chiesa intorno alla quale era sorta fino alla costruzione della stazione connessa alla linea ferroviaria La Spezia-Pisa nella seconda metà dell'Ottocento. Con l'arrivo del treno Querceta tornò a farsi chiamare col suo antico nome (nel tempo si era instaurata la consuetudine di chiamarla “Madonna” proprio in relazione alla chiesa di S.Maria Lauretana) e risorse  a nuova vita: gli imprenditori del marmo iniziarono ad aprire depositi e laboratori, dove si cominciò a produrre sculture, monumenti, lavori di pregevole architettura e manufatti per l'edilizia e l'arredamento. Si sottolinea tra tutti l'apertura dello stabilimento Henraux, che ha giocato e continua a giocare tutt'oggi un ruolo centrale nell'economia locale. Questo fervore economico si accompagnò ad una vivacità sociale e culturale che si tradusse nella nascita di numerose associazioni: nel 1883 venne fondata la società filarmonica La Concordia, nel 1894 la società di mutuo soccorso denominata L'Aurora e, infine, nel 1904 la Pubblica Assistenza Croce Bianca. Secondo una guida dell'epoca, nella zona vi erano 60 segherie e 40 laboratori di scultura con un impiego di 1400 dipendenti mentre la popolazione aveva raggiunto i 2102 abitanti.

La seconda guerra mondiale lasciò profonde ferite nel paese: il 17 giugno 1943 Querceta subì un bombardamento aereo alleato e nel luglio '44 i tedeschi fecero saltare il campanile, che crollando distrusse la canonica e parte della chiesa di S.Maria Lauretana. Il dopoguerra con la ricostruzione si accompagnò ad un aumento della popolazione e ad un'espansione edilizia che continua ancora oggi. Al contrario, negli ultimi trent'anni si è assistito alla crisi del settore del marmo che ha comportato una drastica diminuzione dei livelli di occupazione e alla conseguente chiusura e abbandono degli stabilimenti. Oggi Querceta mantiene il suo ruolo di snodo viario nel centro della piana versiliese: è infatti attraversata dall'Aurelia, oltre ad essere sede della stazione ferroviaria “Forte dei Marmi-Seravezza-Querceta”, sulla linea La Spezia-Pisa centrale, che serve gli omonimi comuni.

LUOGHI D’INTERESSE

CHIESA S. MARIA LAURETANA 

La Chiesa dedicata a Santa Maria Lauretana, costruita dopo il 1645, quando secondo la tradizione un pellegrino francese lasciò un quadro della Vergine appeso ad un ramo di una quercia, di cui è visibile ancora un grosso tronco, sotto una botola, dietro l’Altare maggiore della suddetta Chiesa.

Vincenzo Santini (vol. 5. Pag. 22) scrive: “Il tratto della pianura di Querceta, ove si fondò questa Chiesa, fu pur proprietà del Comune di Pietrasanta, sebbene oggi lo sia di quello di Seravezza. (…), “né eravi alcuna via carreggiabile, tranne la Maestra (attuale via Aurelia) poiché vi fu soltanto, ai giorni del Buonarroti, tagliata a traverso la Via dei Marmi da Seravezza alla Marina, ed avvenne allora che a poco a poco si disboscò, cosicchè sotto Maria Cristina gli abitanti della montagna si indussero a ben coltivarla ed a passarvi la stagione invernale … Sul cominciare dell’anno 1644 , passando di qua un pellegrino Francese, lascio dappresso alla chiesa un’Immagine di S. Maria di Loreto”. Pare che i lavori di costruzione della nuova chiesa cominciassero il 9 gennaio 1645, “... ad operai della proposta Fabbrica Stefano Vannucci ed il Sargente Francesco Buomanini”, sul terreno concesso dal Chierico Giulio Braccelli, ... nella località Strada della Croce”. I lavori terminarono all'incirca nel 1661 con la consacrazione del vescovo di Luni-Sarzana.

La chiesa di Santa Maria Lauretana fu da principio una piccola cappella dipendente dalla parrocchia di Vallecchia, passò parrocchia nel 1720 per decreto del vescovo di Luni-Sarzana. Nel 1781, oramai provvista di canonica e di campane, estese la sua giurisdizione sulle chiese di Strettoia e Ponterosso. Ottenuto nel 1783 il titolo di rettoria, nel 1787 passò alla diocesi di Pontremoli per poi passare a quella di Pisa nel 1794 insieme a tutte le parrocchie della Versilia. Nel 1805 fu eretta in prepositura. Nel 1862 venne commissionato l'ampliamento della chiesa, ma dopo solo 2 anni il crollo della cupola danneggiò la navata centrale. Con la ricostruzione della nuova cupola furono ampliati il presbiterio e il coro, e si costruirono due cappelle alle estremità dei due bracci trasversali della crociera. Nel luglio 1944 i tedeschi fecero saltare in aria il campanile, che cadendo rovinò sulla chiesa e sulla canonica distruggendole. I lavori di ricostruzione della nuova chiesa ebbero inizio nel gennaio 1949 e conclusi nel maggio 1951: nonostante la benedizione speciale di Pio XII inviata in occasione dell'inaugurazione, nel 1954 la chiesa venne riconsacrata dall’Arcivescovo Camozzo. Della prima costruzione rimangono l’altare sulla destra che è opera del primo ‘800 e una parte dell’altare gregoriano dove si conserva il tronco della quercia dove, la storia narra, sia stato appeso il quadro della Madonna.

CHIESA DELLA MADONNINA DEI PAGLIAI

Appartiene geograficamente al territorio di Querceta, anche la Chiesina detta “Madonnina dei Pagliai”. Secondo la leggenda, nel 1347 una giovane contadina di nome Geltrude rinvenne in un pagliaio un'icona della Madonna. Non molto tempo dopo l'immagine venne esposta al pubblico in una marginetta che venne poi trasformata, nel 1922, nell'attuale chiesa della Madonnina dei Pagliai.

IL CANTO DEL GALLO RISVEGLIA LA PACE

Opera in marmo e bronzo di Massimo Lippi inaugurata il 2 giugno 2008, posta al centro della rotonda tra via Federigi e via delle Contrade. L'opera raffigura un gallo realizzato in bronzo che poggia su una noce di marmo.

MONUMENTO AI CADUTI

L'opera, posta lato monte della piazza Matteotti, è stata realizzata da Edoardo Dini e inaugurata nel 1990. Il complesso è totalmente in marmo bianco estratto dalla cava del Torrionee in Carrara, ed ha la scritta “Ai Caduti per la Patria opera dello Scultore Edoardo Dini realizzata dal Comitato per il Monumento con l'appassionato impegno del commendatore Dino Tarabella ed il contributo della popolazione. L'Amministrazione Comunale Querceta 22 Aprile 1990”. 

Alla sua base è stata insserita una lapide in bronzo con una piccola figura alata, di G. Crespi, e il “Bollettino della Vittoria” del 4 novembre 1918.

Quest'opera fu fortemente voluta dall'Associazione Nazionale Combattenti e Reduci, Sezione di Querceta, per cui c'è stato l'impegno di un Comitato composto da 45 membri rappresentanti i Partiti politici, le associazioni Combattentistiche e d'Arma, quelle dei Commercianti, degli Industriali e del Volontariato. L'effettuazione dell'opera fu decisa il 29 gennaio 1978 e successivamente Edoardo Dini vinse, con il suo bozzetto, un regolare concorso, per cui da quell'anno l'artista si impegnò a fondo, portandola infine a compimento. Il monumento fu accolto con grande entusiasmo e molti furono, all'epoca, i commenti a suo favore.

Che ha fatto il Dini? Ha messo al centro la materia cieca. Dalla materia fa esplodere la vita, l'uomo. L'impressione dell'esplosione è data dalla disposizione a raggiera delle figure” (Angiolo Leonardi,1989). Un articolo di Versilia Oggi, datato marzo 1989, commenta così: “Querceta ha il suo monumento ai caduti. (…) Edoardo Dini ce l'ha messo del tempo, ma valeva la pena attendere: Querceta – Ripa a parte – ha il più bel monumento ai caduti esposta sulla pubblica piazza di tutta la Versilia. È un'esplosione di marmo. È il segno tangibile di come si ricava un'opera d'arte dal marmo.”

Non è azzardato affermare che tale monumento, così come è stato concepito e considerato anche il suo aspetto dinamico, condensi pure quell'anelito di libertà e il senso della storia patria, singolarmente espresso nell'intitolazione di strade e di piazze comunali, quali: Amos Paoli, Ragazzi del '99, Vittorio Veneto, 25 Aprile, Corrado del Greco,Gino Lombardi, ecc.

CIPPO RAGAZZI DEL '99

Collocato all'incrocio tra via Ragazzi del '99 e via C.A. Dalla Chiesa. È un cippo in marmo venato con una scritta in metallo “Ai Ragazzi del '99”: esso rende in pieno l'omaggio a questi Caduti, nonché a tutti coloro che caddero nella Prima Guerra Mondiale.

TRADIZIONI 

PALIO DEI MICCI

Il Palio dei Micci è una manifestazione a carattere storico-folkloristico, sorta nel 1956 per iniziativa di un comitato locale e proseguita, con rapido e consistente sviluppo, per volontà e partecipazione popolare. Si corre fra otto contrade (Cervia, Leon d’Oro, Lucertola, Madonnina, Ponte, Pozzo, Quercia, Ranocchio) nella prima domenica di Maggio. Vi assistono migliaia di spettatori provenienti da varie regioni italiane. Il Palio dei Micci è nato con una finalità turistica; tuttavia si inserisce autorevolmente nel solco delle tradizioni storiche della Toscana ed è sicuramente la prima manifestazione di questo genere della provincia di Lucca, e la prima in Italia per quanto concerne il numero dei figuranti.
La rappresentazione ricalca il cliché delle rievocazioni medioevali e rinascimentali. Il pregio principale sta però nel suo carattere schiettamente popolare, posto molto bene in risalto dalla massiccia partecipazione dei contradaioli – circa 2.500 – alla sfilata in costume storico che si svolge nelle vie della città, e alla corsa per la conquista del prestigioso gonfalone. La corsa e il Palio sono da sempre considerati la “scusa per scendere in piazza” una volta all’anno, vestiti nei panni della fantasia e della tradizione a ripetere avvenimenti passati alla storia o più semplicemente leggende e credenze tramandate dalla voce popolare.
Nel Palio, spesso il serio si mescola col faceto. Si inventano storie e personaggi; se occorre si attribuiscono fatti inventati a personaggi realmente vissuti. Come ai Medici, per esempio, che in questi luoghi hanno lasciato tracce di illuminato dominio. Nei primi anni settanta lo scrittore Silvano Alessandrini, che del Palio è stato il padre putativo e il principale animatore, inventò il personaggio “Eriberto Bindo” detto lo Stanco. La finzione riuscì così bene che per anni gli studiosi di fatti e personaggi medioevali continuarono a cercare, inutilmente, le tracce di “Eriberto” in tutti gli archivi toscani.
Le rappresentazioni avvengono sul campo di gara prima della corsa dei “micci”. Lo spettacolo assume dimensioni colossali. Migliaia di personaggi in costume danno vita ad una fantastica e suggestiva parata ricca di colori, di musiche, di canti e di gioia. Ognuno recita “a soggetto”, amplificando il senso dell’ironia e del grottesco. Sfilano e si esibiscono anche gli oltre 400 tra tamburini e sbandieratori, tutti di scuola locale.
In tutto questo si rileva una precisa attinenza e una continuità col “Maggio” lucchese. Anche questa antica forma di teatro, che ha avuto nello scrittore Enrico Pea il più appassionato estimatore, si poneva all’attenzione per le sue componenti – opera, attori e pubblico – spiccatamente popolari.
Il Palio dei Micci si conclude con la sfida nella corsa degli asini che nel vernacolo della Versilia sono, appunto, i “micci”. Il ricorso a questo animale imprevedibile conferma una volta di più lo spirito anarcoide dei versiliesi e l’intimo significato del Palio: porre in ridicolo il concetto di sfida.
Così era alle origini del Palio. Ora è ben diverso. I contradaioli hanno nelle vene sangue toscano, amano la fazione, si crogiolano nel ricordo dei Guelfi e dei Ghibellini, del bianco e del nero. Anche qui la contrada vien prima di tutto, i contradaioli si sacrificano per essa. La sostengono nel Palio e in tutte le “sfide” che anticipano e seguono il Palio. C’è, insomma, molta passione e partecipazione emotiva. Per questo un “miccio” fa sognare o scatenare la pugna. 

Nel 1985, alle soglie del trentennale, dopo anni di severo impegno e di rinnovamento il Palio dei Micci ha ricevuto il riconoscimento più alto e più ambito dal Presidente della Repubblica. La medaglia inviata da Sandro Pertini riempe giustamente d’orgoglio gli abitanti delle otto contrade, gli organizzatori della manifestazione e la gente di Versilia che sostiene con calore il Palio.

LEGGENDE

LA LEGGENDA DELLA MADONNA LAURETANA DI QUERCETA

La sera del 16 marzo 1644 un pellegrino francese, di ritorno da Roma, si accinse a trascorrere la notte in un bosco di querce nei pressi della via Romea (l'odierna Aurelia). Recava con sé un quadretto di legno raffigurante la Madonna Lauretana con il bambino e all'alba, ripreso il cammino per la Francia, lasciò appesa la sacra immagine a un ramo di quercia. Forse lo fece di sua scelta, o forse no, fatto sta che in quei pressi si trovava una marginetta spoglia, in luogo detto la Croce (da dove si dipartiva la cosiddetta strada della Croce, oggi via Federigi), sull'incrocio tra le odierne vie Aurelia, Federigi e Seravezza. Grande fu l'impressione destata nella popolazione locale, e inizialmente la comunità di Seravezza ne rivendicò il possesso traslando l'immagine nel centro omonimo, ma fu allora che si verificarono eventi strani. Pare che in una sera oscura, trovandosi collocata in una sala di Seravezza, iniziassero a soffiare fortissimi venti che spalancarono porte e finestre, facendo penetrare nel locale grandine e pioggia violentissima, ma non un solo lume si spense, e nonostante bufera e fulmini avessero danneggiato ogni cosa nella stanza, comprese mura, marmi e ornamenti, l'immagine rimase intatta. Si narra poi che gli abitanti di Massa vi conducessero le loro fanciulle storpie o inferme le quali iniziarono a camminare; anche gli abitanti di Pomezzana vi portavano i loro giovani afflitti da epilessia e ne furono guariti. Anche molte persone di Seravezza vennero risanate con procedure simili e quando si fu diffusa la voce di quei miracoli la folla che giungeva giornalmente in pellegrinaggio arrivò fino a 2.000 persone.

LA LEGGENDA DELLA MADONNINA DEI PAGLIAI

Nel 1347, in un radioso mattino di primavera, una giovane contadinella di nome Geltrude, mentre stava preparando da mangiare per le bestie, fu investita al volto da un intenso raggio di luce proveniente da un vicino pagliaio. Incuriosita, Geltrude si avvicinò e vide un quadretto della Madonna, abbandonato ai piedi del grande pagliaio, che rifletteva la luce solare come uno specchio. Non passò molto tempo che il quadro fu esposto alla preghiera dei pellegrini in una marginetta lungo la strada che porta a Roma. La marginetta, col tempo, è stata trasformata in chiesetta che ancor oggi può essere vista lungo l'Aurelia, all'incrocio con via Fiumetto, ma non conserva più nulla dell'aspetto originale, avendo subìto trasformazioni nel corso dei secoli.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Giannelli, Giorgio Almanacco Versiliese, Edizioni Versilia Oggi, 2001-2008, voll. 1, 3 (vedi voci “Chiese e oratori”, “Querceta”).

Marcuccetti, Lorenzo La Terra delle Strade Antiche, Viareggio, Mauro Baroni Editore, 1995.

Gierut Lodovico (a cura di), Monumenti e Lapidi in Versilia in memoria dei Caduti di tutte le guerre, Associazione Nazionale Famiglie Caduti e Dispersi in guerra – Comitato provinciale di Lucca, 2001.

LINK UTILI

www.paliodeimicci.it

 


 

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