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Pro Loco Seravezza

Azzano

Altezza: 484 m. s.l.m.
Abitanti: 380 (censimento 2001)
Chiesa: S. Michele
Patrono: S. Michele
Eventi e Tradizioni:  Azzano d'Italia, Festa della castagna (seconda metà di ottobre)

POSIZIONE GEOGRAFICA

Il paese, che rappresenta la frazione più popolosa della montagna seravezzina, si struttura in una parte bassa (Cità) e una alta (Castello) a loro volta suddivise in numerose località: Sotto i Poggi, dalla Buffina, la Piazza nella parte bassa; Tarsello, S. Michele, la Polla, Pianello, Il cavalletto, Sotto le vòltole, Venezia (collegata a Cità dalla stretta) nella parte alta.

Il paese, occupa una conca prativa, circondata da selve di castagno, in seno al monte Cavallo, un’area ricca di sorgenti e pascoli, favorita nell’esposizione al sole e relativamente riparata dai venti. Collocata in posizione dominante sull’Alta valle  del Serra, davanti allo splendido scenario del monte Altissimo e della lunga cresta rocciosa che attraversa la Focoraccia, il Carchio e il Folgorito.

STORIA

L’origine etimologica di Azzano sarebbe da ricercare nel personale latino “Attius”, di cui esprime una forma prediale attraverso il suffisso in “anum”, rientra in un gruppo di praedium collocati intorno alla cintura del monte Cavallo presumibilmente in epoca augustea, come testimonierebbero i residui della centuriazione romana nella pianura riferibili proprio a quel periodo.

Il nome di Azzano compare per la prima volta in un documento del 1186 (Guido da Vallecchia, “Libri Memoriales”, pag. 59), rogato nel Castello di Vallecchia dal notaio Rolando. In questo atto tra i nobili Gerardo e Parente di Vallecchia e Ruggero di Guiscardo si citano le ville di Seravezza e Açano (dove la ç sta ad indicare la pronuncia della doppia “z” secca) e i loro confini in relazione al marmo (“Marmi” citato come terza villa, in realtà sicuramente da attribuire al luogo dove si estraeva il prezioso prodotto, forse le cave della Cappella). Questa citazione è estremamente significativa, perché attesta l’utilizzo di cave, anche se probabilmente in forma estremamente ridotta, fin dal XII° secolo. Nel 1219 Azzano, in quanto parte della comunità della Cappella, compare tra i territori sottoposti ai nobili versiliesi delle consorterie Da Corvaia e Da Vallecchia. Nel 1333 Azzano viene menzionata nel Libro di Estimo di Lucca tra i villaggi che componevano la comunità di San Martino alla Cappella, che nel 1413 si unì a quella di Pietrasanta. Nell'estimo della Terra di Pietrasanta del 1469 Azzano enumerava 17 possidenti, mentre in quello del 1450 si registravano in paese 7 asini, 8 bovi, 140 pecore, 140 capre e un maiale. La presenza di un numero abbastanza elevato di asini rispetto alle vicinanze era riferito al fatto che vari abitanti, prima dello sviluppo delle cave, si dedicavano al trasporto del carbone di faggio verso Pietrasanta e Seravezza, oppure di legna. I diritti di far carbone, alla fine del Duecento, erano passati direttamente dai Nobili di Corvaia alla comunità di Pietrasanta, che ne difendeva gelosamente il possesso. Fu anche per tali questioni che nel corso del Trecento sorsero parecchie divergenze con la comunità di Azzano-La Cappella. Gradualmente gli abitanti riuscirono ad ottenere la gestione delle carbonaie, o per conto terzi o direttamente: infatti, fino al XVI° secolo l’economia del paese di Azzano era fondata sul commercio del legname e la produzione del carbone di legna, sulla pastorizia e, soprattutto, sulla coltivazione dei castagni, ma anche sull’attività di alcune ferriere e dei mulini ad acqua frequenti nei canali che incidono la stretta valle del torrente Serra. 

Il 18 maggio 1515 il sindaco e procuratore delle cave del monte Altissimo, di Finocchiaia, della Cappella e della Ceragiola, Angelo del fu Benedetto del fu Giovanni Marchi di Azzano, convocò nell'ospedale dell'Annunziata in Seravezza la storica assemblea con cui tali comunità cedevano la proprietà dei loro agri marmiferi al popolo di Firenze. Iniziava così una nuova epoca per l'economia del paese e dell'intero bacino del Serra. Nel 1518, al seguito di Michelangelo Buonarroti, giunse un gruppo di 8 cavatori provenienti da Settignano. Tuttavia le attività connesse alla nascente industria marmifera erano ancora di modesta entità, mentre era tenuto in particolare considerazione il lavoro dei segantini del castagno (nel 1536 ne erano stati censiti 7), poiché la loro produzione veniva destinata ai soppalchi ed alle travi dei tetti degli edifici del Capitanato di Pietrasanta. Nel 1547 vivevano in paese 49 famiglie (circa 250 persone). Alcune famiglie fiorentine, sia benestanti che aristocratiche, vi avevano preso casa per trascorrere le loro vacanze. Nella seconda metà del '500 gli abitanti di Azzano dovevano provvedere, insieme alla comunità di Minazzana, Giustagnana, Fabiano e Riomagno, al mantenimento della strada che dalla Cappella andava alla presa di Corvaia. La gente di Azzano aveva un reddito più alto del resto della comunità della Cappella: infatti nel 1609 pagava più degli altri il servizio prestato dalle guardie costiere predisposto dal Capitanato di Pietrasanta. Un saggio di Denise Ulivieri, tratto da un accurato studio delle carte dell'Archivio di Seravezza, offre uno spaccato della vita di Azzano tra il 1636 ed il 1710: “Le case non si raggruppavano vicine le une alle altre, in una struttura compatta e serrata, ma presentavano una struttura ampia e distesa. L'abitato si presentava allargato e suddiviso in diversi nuclei: questo aveva favorito l'impianto, tra le case e attorno al villaggio, di colture orticole e seminativo”. In prossimità delle case, quindi, si estendevano gli orti, per una superficie che nell'arco della seconda metà del '600 si decuplicò per essere coltivata a cereali ed a canapa e per la produzione dei beni di immediato consumo.

Con Ferdinando III° d'Asburgo-Lorena, a partire dal secondo decennio dell’800, si intravide lo sviluppo dell’economia, con il rilancio delle attività estrattive da imprenditori stranieri e versiliesi. In particolare, con l’escavazione di statuari, arabescati e bianchi ordinari nel monte Altissimo da parte della società Borrini-Henraux e l’impianto di numerose segherie lungo i corsi d’acqua, l’industria marmifera assunse nel giro di pochi anni un’importanza decisiva per l’economia versiliese. Azzano a quel punto si trasformò in un paese di cavatori: i suoi abitanti, che nel giro di pochi decenni giunsero a superare le 800 unità, acquistarono in breve esperienza e capacità professionali per le quali furono e sono tuttora stimati.

Durante la Seconda guerra mondiale, data la vicinanza al fronte, Azzano e i suoi abitanti ebbero a che fare con la durezza, le privazioni e i lutti del periodo bellico, stretti tra i tedeschi asserragliati lungo la Linea Gotica e le truppe alleate. Negli anni '50 il paese iniziò lentamente a spopolarsi e molte famiglie, in cerca di maggiore prosperità economica, si trasferirono nella piana. Negli ultimi anni questa tendenza, grazie anche al nuovo turismo di matrice straniera legato alla scultura, si è stabilizzata, e gli abitanti si sono attestati intorno alle 400 unità, facendo così di Azzano la frazione collinare più popolata del comune di Seravezza. Il paese, considerato fra i più attivi dell'Alta Versilia, dispone di una Filarmonica, della pubblica assistenza, di un gruppo folkloristico chiamato “La Quadriglia”, della compagnia teatrale “La Maschera” e di un coro parrocchiale.

LUOGHI D’INTERESSE 

CHIESA DI SAN MICHELE

Questa Chiesa apparteneva in passato ad una confraternita religiosa ed è presente in paese da un’epoca immemorabile. La Chiesa è ad una navata ed ha annesse due cappelline laterali in cui sono raffigurati la Santa Vergine e l’Arcangelo Michele, il cui culto è retaggio della dominazione longobarda. Il tempio è sormontato da una piccola torre campanaria. Oltre alla Chiesa, nel paese, si trovava l’oratorio di San Rocco, ora non più esistente.

PIEVE DI SAN MARTINO (LOC. LA CAPPELLA)

La Pieve di San Martino si trova su una terrazza naturale panoramica che sovrasta la valle del Serra, fra le propaggini del monte Cavallo e quelle del Trambiserra, e offre una vista spettacolare del Monte Altissimo e delle sue cave, famose fin dai tempi di Michelangelo.

L'origine è incerta e le notizie in proposito sono piuttosto scarse. Il luogo di Capelle è nominato in una pergamena del 721 giacente presso l'archivio Arcivescovile di Lucca. Questo nome starebbe ad indicare l'esistenza di una primitiva cappella sorta al primo apparire del Cristianesimo in questa località, dove fin dall'epoca romana abitavano cavatori e che fino al XVIII° secolo, rappresentò un luogo adatto agli insediamenti, dato che la piana non solo si presentava paludosa e malsana ma era anche soggetta alle scorrerie dei pirati e degli eserciti di passaggio.

Da fonti storiche sappiamo che nel 1219 la Pieve era di proprietà dei nobili di Corvaia e Vallecchia. Nel 1299 il Vescovo di Luni concesse il fonte battesimale alla Pieve che si distaccò così dalla Chiesa madre di Vallecchia. Col tempo la Pievania della Cappella acquistò sempre maggior importanza tanto che i suoi possedimenti si estendevano dalle pendici dei monti alla pianura: basti pensare che Seravezza fu sotto la sua influenza fino al 1422, anno in cui fu creata la Rettoria di S. Lorenzo e S. Barbara.

Nella struttura originaria la Pieve era costituita, come le altre pievi della Versilia, da una sola navata, a cui furono aggiunte, dopo il Mille, le altre due. Per la sua architettura viene datata intorno al XI° secolo da alcuni, mentre altri sostengono più probabilmente alla fine del XII°. Durante il XVI° secolo, in pieno Rinascimento, furono eseguiti lavori di restauro e ampliamento, che iniziarono in coincidenza col soggiorno di Michelangelo in questi luoghi. I lavori, iniziati nel 1518, riguardarono l’aggiunta di un porticato jonico, dell’elegante rosone sulla facciata, la riduzione dell'abside, l'apertura di alcune finestre e, infine, la creazione del fonte battesimale e di un tabernacolo del Benti.

La Pieve è a forma rettangolare ed esternamente è costituita da bozze di marmo del luogo. La facciata, che è rivolta verso occidente, è a salienti ed è suddivisa in tre ordini. Sopra il porticale centrale spicca il rosone detto “l’occhio di Michelangelo”, perché la tradizione lo attribuisce appunto al famoso scultore. Il porticato jonico, che è andato distrutto nella II Guerra Mondiale, aveva le colonne e i capitelli a campanaccio, invenzione del Buonarroti che le disegnò mentre lavorava in queste zone e la cui esecuzione fu presieduta da Donato Benti; oggi resta solo l’arcata destra puntellata da travi. La chiesa esternamente è circondata da una cornice intorno al tetto che non appartiene alla costruzione primitiva, ma fu aggiunta fra il 1518 e il 1536. La Chiesa prende luce, oltre che dal rosone centrale, da otto finestre quadrangolari in marmo aperte lungo i lati della navata centrale che è più alta di quelle laterali che risultano incassate nella piccola volta a vela ottenute nella copertura della volta a botte. La parete posteriore, sobria nello stile, non ha più l’antica abside tolta durante i lavori del XVI° secolo ma, al suo posto, sono presenti due finestre rettangolari con cornice in marmo e una pseudo – cella campanaria. Alla Chiesa si accede tramite cinque porte, tre sul davanti e due laterali.

L’interno, purtroppo, a seguito dei vari rifacimenti ha perso molto delle caratteristiche dell’arte romanica: dell’antico impianto sono rimaste le volte a crociera delle navate laterali unico esempio in Versilia, la volta di centro uniforme e semplice e le colonne in pietra grigia con capitello tuscanico che dividono le navate e formano quattro archi. All’ingresso della Chiesa si trova l’acquasantiera risalente al 1400, formata da quattro lobi con teste umane che rappresentano le età della vita, mentre il fonte battesimale è stato aggiunto nella seconda metà del XVI° secolo. Gli altari, in marmo, risalgono al XVII° secolo come il coro in fondo alla navata centrale e il pulpito ottagonale, attribuito alla scuola dello Stagio Stagi. Nella navata destra si trova un pregevole ciborio a forma esagonale in marmo intarsiato del XVI° secolo, attribuito al Benti, la cui cupoletta e cornicione sono sostenuti da bugne policrome. Sul pavimento della Chiesa si trovano due lastre sepolcrali, attribuite allo scultore pietrasantino Lorenzo Stagi (padre di Stagio), con figure che racchiudono le spoglie del Cancelliere Raimondo Baccelli e di uno dei suoi figli che è stato Rettore di questa Pieve.

Molti elementi hanno modificato lo stile originario della Chiesa, anche se l’impianto rimane di stile romanico. L’ultimo restauro, avvenuto nel 1975 ad opera della Soprintendenza di Pisa, ha rispettato le stratificazioni avvenute nei secoli, lasciando le volta a vela, la balaustra, la cantoria marmorea per l’organo, ma ha anche messo in luce antiche bozze, monofore e frammenti di affreschi.

All’esterno della Chiesa, sul lato destro della facciata, si erge il campanile asimmetrico che non si armonizza con la Chiesa: è una robusta torre quadrata in bozze di marmo locale, probabilmente di epoca preromanica, che nel periodo longobardo doveva avere funzioni militari, oltre che religiose, come ci indica la merlatura di tipo militare.

ORATORIO DELL'ANNUNZIATA (LOC. LA CAPPELLA)

L’oratorio dell’Annunziata è situato sul lato sinistro della Pieve e fu costruito agli inizi del 1600 sull’area dove un tempo sorgeva l’ospedale di Santa Maria. Di questo ospedale, chiamato in alcuni documenti anche Ospedale della Madonna della Cappella, si hanno notizie attraverso lasciti ed estimi fino verso la fine del '500. Esso, oltre che per le cure dei malati della Comunità, aveva la funzione di ospizio dei pellegrini che percorrevano la strada lungo la mulattiera che da Riomagno raggiungeva Azzano e, per il passo della Serra e della Cervajole, congiungeva il Granducato di Toscana col Ducato di Modena sul confine del passo di Sella. Questo Ospedale era già efficiente nella seconda metà del XIII° secolo, quando la Cappella si staccò da Vallecchia.

L’Oratorio della SS. Annunziata fu sede delle diverse Confraternite religiose, che provvidero alla costruzione degli altari laterali della Pieve, come testimoniano varie iscrizioni. Qui si riunivano le confraternite di tutti i paesi circostanti in occasione delle grandi feste, come, ad esempio, la processione del Corpus Domini. Col loro decadere nel dopoguerra l’Oratorio fu sconsacrato e cadde con il tempo in rovina. L'altare dell'Annunziata, opera del 1656, è quanto rimane, tra le cadenti strutture, dell'antico splendore.

I CASALI

La località rappresenta il centro dell'antica Curiceta-Culiceta. Nel 1967 vi effettuò dei sopralluoghi Bruno Antonucci con il gruppo archeologico e speleologico versiliese. Furono raccolti reperti di epoca medievale e altri Quattro-Cinquecenteschi. Nell'occasione venne visionato anche il cosiddetto “trono” (che l'Antonucci definì “seggiolone”), una roccia lavorata in modo particolare, la cui funzione non è ancora oggi stata accertata. (Al riguardo vedi Giannessi Deborah, Bruno Antonucci e i suoi taccuini, Pagg. 133, 140-141)

MONUMENTO AI CADUTI DI GUERRA

Il monumento è posto in Piazza Maresciallo Galliano Tarabella. L'opera, in marmo, è

stata realizzata da Gian Paolo Giovannetti, grazie anche alla collaborazione degli abitanti del paese. L'autore,nei suoi appunti dell'epoca descrive così la sua opera: “...La scultura racchiude in sé un senso drammatico di amore e dolore, in uno scenario maestoso del monte Altissimo. Le figure si fondono in un unico universale abbraccio e sacrificio estremo, per difendere i più alti valori di libertà, democrazia civiltà e benessere, futura memoria e monito fra le nuove generazioni proiettate verso il duemila...”. Secondo Geirut, l'opera è stata positivamente portata ad una dimensione “quotidiana”, col soldato vestito quasi di panni popolari.

La sua “storia” è stata documentata analiticamente grazie alla cronologica relazione del “Comitato Onoranze ai caduti” facente parte della locale pubblica assistenza e lì gelosamente custodita.

CERVAIOLE

L’origine etimologica delle Cervaiole è da imputare alla base preromana “gerb, cerv” che significa “terreno incolto”. Tale località è celebre per la presenza di cave che danno marmo arabescato e bianco. Durante la Seconda Guerra Mondiale i tedeschi vi costruirono delle fortificazioni che arrivavano fino al colle del Grattaculo.

Alle cave delle Cervaiole si accede, con l’autorizzazione della società Henraux, percorrendo la strada che si trova a sinistra, poco prima, la galleria del “Cipollaio”.

Su “Versilia Oggi”, Pietro Ichino scrive: “La cava delle Cervaiole è un posto unico al mondo: una sequenza di terrazze di un bianco accecante […] nelle belle giornate il sole si specchia nel mare e se l’aria è limpida all’orizzonte si vedono distintamente le isole dell’Arcipelago toscano e la Corsica; nelle giornate nuvolose il bianco del marmo avvolto nella nebbia produce un singolare effetto di straniamento”.

I SENTIERI

ITINERARIO STORICO–ARTISTICO: SERAVEZZA – LA CAPPELLA – AZZANO. SULLA VIA DI MICHELANGELO

Partendo dal centro storico di Seravezza si imbocca la via Michelangelo Buonarroti che costeggia il fiume Serra e, in un minuto di auto, si raggiunge l’abitato di Riomagno (nel caso in cui si parta a piedi, e’ preferibile costeggiare il fiume sul lato destro, lungo la via Monte Altissimo).

Qui, lasciatala macchina si prosegue a piedi, dopo il ponte, sul lato destro, troviamo il caratteristico “C.R.O.”, di fianco al quale inizia una stradina che passa sotto un arco di case. Lo si oltrepassa e si svolta sulla destra imboccando una antica mulattiera che si snoda attraverso terrazzamenti coltivati a vigneto alternati a castagneti e a tratti di bosco. Giunti sotto il paese di Fabbiano ci si imbatte nei resti delle antiche cave di bardiglio, marmo dal caratteristico colore scuro. Il piccolo paese è caratterizzato da strette vie, muretti a secco, “marginette” e vecchi lastricati. Dopo aver attraversato il paese la mulattiera conduce, sempre attraverso le cave non più attive, al “belvedere”, una grande terrazza naturale dalla quale è possibile godere la vista del litorale, delle isole dell’arcipelago toscano, delle cave della Costa e di Trambiserra e del Monte Altissimo. Proseguendo si raggiunge in pochi minuti la pieve romanica di S. Martino in località La Cappella (XI°-XII° secolo), che presenta un notevole rosone attribuito al Buonarroti e pertanto definito “occhio di Michelangelo”.

Visitata la Pieve proseguiamo verso il paese di Azzano; visitato il paese si ripercorre la mulattiera prima affrontata.

ITINERARIO STORICO-NATURALISTICO: SERAVEZZ A – AZZANO – LA POLLA

Partendo da Seravezza, imbocchiamo la strada carrozzabile panoramica della montagna seguendo i cartelli strada li per Giustagnana e Fabiano. Dopo circa 7 km attraverso boschi di pini e castagni giungiamo alla Pieve Romanica di S. Martino alla Cappella. La pieve, edificata intorno al secolo XI° e ampliata nella prima metà del Cinquecento, è legata al nome di Michelangelo, a cui è attribuito il portico (distrutto in gran parte durante la seconda guerra mondiale) e il bel rosone romanico definito “Occhio di Michelangelo”. Visitata la pieve proseguiamo verso il paese di Azzano. Questa prima parte del percorso può essere comodamente percorsa in macchina. Da Azzano imbocchiamo la mulattiera che parte dalla parte alta del paese e si snoda attraverso freschi boschi di castagni. Percorriamo il sentiero per circa 2 km fino ad incontrare la strada sterrata che sale fino alla località La Polla, dove sgorga la sorgente del Serra (anche se non si vede più), ai piedi del Monte Altissimo (1589 metri s.l.m.). La vista della montagna, con le sua pareti verticali e le cave del Fitta e della Tacca Bianca è eccezionale. È in questo luogo, poco al di sopra della Polla, che Michelangelo scoprì i giacimenti di marmo statuario, coltivati alcuni decenni dopo dal Granduca Cosimo I dei Medici,e, a partire dall'Ottocento, dalla società Henraux. Dalla Polla, percorrendo a ritroso la stessa strada sterrata, si raggiunge Via Martiri del Lavoro, che in circa 2 km ci riporta a Azzano.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

  • Gavioli Andres, Maria Pia e Luisi Galleni, Leila Pievi Romaniche della Versilia – Itinerari Storico-Artistici, Pacini Fazzi, 1999.

  • Giannelli, Giorgio Almanacco Versiliese, Edizioni Versilia Oggi, 2001, vol. 1 (vedi voci “Azzano”, “Cappella (La)”, “Casali (i)”, “Chiese e oratori”).

  • Gierut Lodovico (a cura di), Monumenti e Lapidi in Versilia in memoria dei Caduti di tutte le guerre, Associazione Nazionale Famiglie Caduti e Dispersi in guerra – Comitato provinciale di Lucca, 2001.

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